Oggi voglio farvi viaggiare nei meandri della storia, proponendovi un grande classico e caposaldo della cultura enogastronomica abruzzese, in cui è racchiusa gran parte della sua tradizione. Sto parlando dei tanto celebrati “Maccheroni alla Chitarra”, la pasta regina delle nostre tavole domenicali e dei giorni di festa per vivere al meglio ogni pranzo o ricorrenza. Questo prodotto tipico, nella versione con le “pallottine di carne” è un’ eccellenza del territorio teramano, ma oggi trova ampia diffusione un po’ in tutta la regione. Prendono il nome appunto da “ lu Carratore, o qualsivoglia dire “ lu Maccherunare “, ”la “ Chitarra”, cioè, l’ attrezzo con cui vengono realizzati. Esso è un telaio composto da fili in acciaio disposti parallelamente che danno a questi spaghetti all’uovo l’ inconfondibile sezione quadrata. Sin dall’ antichità veniva tramandato di madre in figlia, insieme alla manualità e sapienza con cui ogni giorno hanno saputo e sanno abilmente modellare l’ impasto, ricavandone una sfoglia perfetta che mantiene la sua consistenza dalla lavorazione alla cottura. Le massaie accompagnano questa preparazione utilizzando rigorosamente “ lu’ cannelle’”, ossia il matterello, per far si che la pasta risulti ruvida e porosa, in modo tale da accogliere robusti ed importanti sughi a base di carni miste o cacciagione; ma anche con condimenti in bianco comunque un piatto gustoso e con carattere.
Voglio condividere con voi tutti il mio ricordo legato a questo piatto tipico. Fin da bambina, ero molto curiosa come tutti i bambini, e riempivo di mille domande la mia povera nonna che, intenta nei preparativi del pranzo, per accontentare la mia curiosità conn calma e dolcezza mi si metteva accanto e in modo semplice iniziava ad istruirmi a diventare una brava massaia. Mi faceva vedere come impastare, come usare il mattarello, poi mi sistemava un banchetto accanto a lei e mi staccava un pezzo di impasto così da farmelo lavorare.
Ero alta che arrivavo a malapena sotto al tavolo, ma ricordo ancora con commozione ed immensa gioia quei momenti trascorsi con lei ad osservare tutti i suoi minimi movimenti, per cercare di imparare e diventare brava come lei. Con le manine giravo e rigiravo l’ impasto mettendoci tutta la forza per lavorarlo bene, ed alla fine davo la piccola sfoglia che avevo preparato al lei, che la tagliava in maccheroni e in un pentolino a parte me lo cucinava. Quando lo mangiavo ero così orgogliosa che quella pasta l’ avevo preparata io, che per me era il pasto più speciale di sempre. Anche questa ricetta la dedico a te cara nonna, che, anche se non sei presente fisicamente sei comunque ogni giorno accanto a me, in tutti gli insegnamenti che mi hai dato.
Grazie!
 
																															
					 
 
 
					 
					 
					